Con questo articolo affrontiamo un argomento particolarmente sensibile per gli italiani: il risparmio.
Approfondiremo le problematiche in merito al rimborso dei buoni fruttiferi postali e, nello specifico, quelli ordinari (detti anche BFP) sottoscritti nel periodo compreso tra il 1 luglio 1986 e il 23 giugno 1997, ovvero i buoni della serie Q, della serie R e della serie S.
Prima di analizzare specificatamente la questione, è necessario svolgere opportune premesse e qualche osservazione generale.
I buoni postali fruttiferi (BPF) sono prodotti di investimento finanziario introdotti come forma di finanziamento dello Stato alternativa ai buoni del tesoro, nominativi e rimborsabili a vista.
In merito ai buoni fruttiferi postali, la maggior parte del contenzioso attiene ai BFP di durata trentennale emessi negli anni ’80-’90.
In particolare, si sono verificate essenzialmente due situazioni problematiche, le quali sono state risolte in maniera diametralmente opposta dalla giurisprudenza (la prima a favore di Poste Italiane, la seconda dei risparmiatori).
La prima situazione concerne i BFP relativi alla serie “P/O” sottoscritti in data antecedente al giugno del 1986, i quali prevedevano alla data della loro sottoscrizione un tasso di interesse prestabilito, poi ridotto unilateralmente in forza di un decreto ministeriale del Tesoro del 13.06.1986, denominato “Modificazione dei saggi d’interesse sui libretti e sui buoni postali di risparmio”.
Per quanto riguarda i BFP pocanzi citanti, sinteticamente, la giurisprudenza ormai consolidata ha chiarito che detta modifica unilaterale deve reputarsi pienamente legittima.
La conclusione da trarre, in definitiva, è che Poste Italiane può legittimamente rifiutarsi di rimborsare i buoni postali della serie P/O nella misura riportata sul titolo, se sottoscritti in data antecedente al citato D.M. 13.06.1986, dovendosi applicare i rendimenti di entità inferiore previsti dal menzionato decreto ministeriale.
Secondo la Cassazione, e come successivamente confermato nei vari tribunali italiani, per tutti i buoni emessi fino al 13 luglio 1986, quanto riportato nei buoni in mano dei risparmiatori non era più valido e gli interessi da corrispondersi sono quelli propri della nuova serie “Q”.
Discorso diverso riguarda invece la seconda ipotesi: la nuova serie di buoni fruttiferi postali “Q” emessi nel periodo immediatamente successivo all’entrata in vigore del D.M. 13.06.1986.
Il problema si è posto in quanto Poste Italiane ha continuato ad utilizzare i vecchi moduli di BFP della serie “P”, anche per i buoni di nuova emissione della serie successiva al decreto ministeriale del 1986 (serie denominata “Q”), ignorando la sopravvenuta riduzione dei rendimenti disposta dal citato d.m.
In particolare, sui vecchi moduli che riportavano ancora la descrizione delle più vantaggiose condizioni della precedente serie “P”, erano stati apposti i timbri della nuova serie “Q”, nel (vano) tentativo di evitare equivoci in ordine all’appartenenza del titolo alla serie più recente.
Nella parte retrostante dei buoni fruttiferi in questione, infatti, veniva apposto il timbro “Q” accompagnato dall’indicazione dei tassi di interesse applicabili per i primi 20 anni di vita del buono ma non veniva disposto alcunché circa l’entità degli interessi da applicare negli ultimi dieci anni del titolo (il buono della serie Q aveva scadenza trentennale).
Dunque, per Poste Italiane, l’assenza di diverse indicazioni implica l’automatica applicazione dei tassi indicati nel D.M. 13.06.1986, anche per quanto riguarda gli ultimi dieci anni di vita del buono.
I risparmiatori, al contrario, sostengono che l’omessa indicazione dei tassi relativi agli ultimi dieci anni comporta l’adozione dei tassi di rendimento riportati sul testo dei titoli appartenenti alla precedente serie “P” che -come già accennato- sono di entità quasi doppia di quella prevista nel decreto ministeriale del 1986.
La giurisprudenza maggioritaria, chiamata a dirimere la presente vicenda, ha aderito con convinzione alla tesi dei risparmiatori in forza del principio del ragionevole affidamento del cliente su quanto riportato sul titolo, considerato inoltre che -in questo caso- il più volte citato d.m. non risulta applicabile.
Per effetto di quanto sopra, si sono registrate numerose pronunce giurisprudenziali che, in pratica, hanno costretto Poste Italiane al rimborso dei buoni della serie Q, secondo i tassi di riferimento del vecchio corso P in relazione agli interessi applicabili negli ultimi dieci anni (dal 21° al 30° anno).
I principi affermati dalla Cassazione sono altresì applicabili e richiamati nelle decisioni dell’Arbitro Bancario relative ai buoni della serie “S”.
In conclusione, il risparmiatore in possesso di buoni della serie Q, successivi all’entrata in vigore del D.M. 13.06.1986, avrà diritto ad ottenere il rimborso degli stessi in base ai più elevati rendimenti della serie P, per il periodo relativo agli ultimi dieci anni di vita del titolo.
Contributo a cura dell’avv. Nicola Palumbo
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