Con il termine copyright ci si riferisce in maniera generica alla protezione offerta dalla legge sul diritto d’autore.
In Italia la legge di riferimento è la Legge 22.04.1941 n. 633 (Legge sulla protezione del diritto d’autore). Sono comunque importanti normative di riferimento anche la Convenzione di Berna e la Direttiva 2001/29/CE, su Diritto d’autore e società dell’informazione.
Le convenzioni internazionali, invece, regolano la sfera di protezione della Legge sul diritto d’Autore agli autori stranieri.
Oggi poniamo la nostra attenzione sul c.d. Fair use. Tale locuzione lascia chiaramente intuire l’origine anglosassone di questo istituto ma in molti non sono a conoscenza di quale sia la sua effettiva portata e soprattutto come sia disciplinato nel nostro Paese. Vediamo meglio di cosa si tratta.
Per comprendere appieno il significato di tale termine occorre fare un breve cenno al diritto d’autore a cui è strettamente connesso.
Il diritto d’autore, com’è noto, conferisce a chi detiene la paternità di una qualsiasi opera dell’ingegno alcuni importanti diritti, tra cui quello esclusivo di poterla sfruttare economicamente e di impedirne, senza il proprio consenso, l’utilizzo da parte di soggetti terzi.
Il fair use si inserisce in questo contesto come deroga, costituendo la possibilità per i soggetti terzi di utilizzare l’opera altrui anche senza il preventivo consenso del titolare.
Al fine di rientrare nell’utilizzo lecito di un’opera altrui, senza il preventivo consenso del titolare, è però necessaria la sussistenza di una causa di giustificazione, tendenzialmente rivolta ad escludere lo scopo di lucro.
Tuttavia, le principali problematiche che ruotano attorno all’istituto sono per lo più connesse all’assenza di una normativa comune per tutti gli Stati che ne permetta un’applicazione omogenea, traducendosi in connotazioni differenti a seconda del sistema legislativo preso in considerazione.
Lo Stato nel quale il fair use è maggiormente tutelato sono gli U.S.A., dove è presente una disciplina specifica, contenuta nello United States Code (si tratta di una raccolta organica delle leggi federali statunitensi), che elenca i quattro fattori che consentono di utilizzare lecitamente il materiale protetto da copyright.
Si tratta, per l’appunto, dello scopo, il quale non deve avere finalità di natura commerciale (ma bensì scopi didattici e non lucrativi), della natura dell’opera, della quantità o porzione dell’opera utilizzata e delle conseguenze dell’utilizzo in relazione al valore dell’opera protetta.
La dottrina del fair use, come si è visto, tutela principalmente l’utilizzo privato dell’opera, affinché soggetti terzi possano trarre dalla diffusione degli stessi benefici sociali, culturali e didattici.
Come si può facilmente evincere, l’assenza dello scopo commerciale costituisce l’elemento più importante e maggiormente tenuto in considerazione da parte dell’organo giudicante in sede di valutazione.
Il fair use, come si è visto, appartiene alla tradizione giuridica del mondo anglosassone e più nello specifico degli Stati Uniti d’America, ma, a ben vedere, anche negli Stati europei sono presenti alcune forme ad esso assimilabili.
Nel nostro Paese una disposizione per certi versi analoga a quella contenuta nello United States Code può essere individuata nell’articolo 70 della legge sul diritto d’autore (L. 22 aprile 1941, n. 633 ), il quale prevede che “Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l’utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali.”.
Risulta chiaro come il legislatore, attraverso questa disposizione, abbia voluto tutelare l’interesse pubblico all’informazione, alla libera manifestazione del pensiero ed alla diffusione della cultura, a condizione, però, che tale attività non comporti un pregiudizio nei confronti del titolare, dovendo sussistere necessariamente la non concorrenza con l’utilizzazione economica dell’opera (si pensi, ad esempio, al caso in cui l’attività appena descritta determini una lesione dei diritti patrimoniali dell’autore).
La nuova formulazione dell’art. 70 è stata introdotta dal d.lgs. 68/2003, il quale ha recepito la Direttiva UE sul diritto d’autore nella Società dell’Informazione, andando ad estendere la portata della disposizione in senso maggiormente aderente alla disposizione contenuta nello United States Code.
Negli ultimi anni non vi sono stati interventi significativi in materia, vista l’assenza di necessità di intervenire, in quanto, a seguito dell’attuazione della direttiva 2001/29/CE “sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione”, che ha riformulato l’art. 70 della Legge sul diritto d’autore, tale ultima disposizione deve essere interpretata in senso conforme al concetto di fair use Statunitense tutelato dallo United States Code.
Contributo a cura dell’avv. Nicola Palumbo
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